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Giovani italiani in fuga all’estero: numeri e impatti dal rapporto CNEL 2025

Giovani italiani all'estero: due ragazzi analizzano documenti e dati, riflettendo sulle opportunità lavorative e il futuro dopo il rapporto CNEL 2025.
Fonte immagine: Foto di Laura Tancredi su Pexels

Tra il 2011 e il 2024, circa 630.000 giovani under 35 hanno lasciato l’Italia per stabilirsi all’estero, soprattutto nel Nord del Paese e in destinazioni come Regno Unito e Germania. Questa emigrazione ha causato una perdita stimata di 160 miliardi di euro di capitale umano, incidendo significativamente sull’economia e sul futuro di Italia. Questi dati, pubblicati dal rapporto CNEL 2025, evidenziano le principali mete e le conseguenze di questa fuga di talenti, evidenziando le sfide e le opportunità per il sistema paese.

  • Circa 630.000 giovani emigrano tra il 2011 e il 2024
  • Le destinazioni principali sono Regno Unito, Germania e Svizzera
  • Perdita stimata di 160 miliardi di euro di capitale umano
  • Il tasso di laureati tra i giovani in fuga supera il 42%
  • Impatto più forte al Nord, con maggior perdita di capacità formativa

Dimensioni e tendenze della mobilità giovanile italiana

Uno degli aspetti più rilevanti di questa tendenza è il drastico impatto economico e sociale che essa comporta. Si stima che, negli ultimi tredici anni, circa 630.000 giovani italiani sotto i 35 anni abbiano deciso di trasferirsi all’estero, rappresentando una perdita di circa 160 miliardi di euro di capitale umano. Questo fenomeno, spesso descritto come "giovani in fuga", evidenzia una migrazione di talenti e competenze che incide negativamente sulla crescita e sulla competitività del Paese. La distribuzione territoriale delle partenze vede una maggiore concentrazione nel Nord Italia (49%) e nel Mezzogiorno (35%), segnando come anche le disparità regionali influenzino le motivazioni e le opportunità di migrazione. La causa principale di questa mobilità è spesso collegata alla mancanza di opportunità lavorative adeguate, alla ricerca di migliori condizioni di studio e di crescita professionale, e in alcuni casi alla insoddisfazione rispetto alle condizioni di vita e alle prospettive future nel proprio Paese di origine. Il saldo migratorio, con circa 441.000 giovani in uscita e ingressi inferiori, si traduce in un saldo negativo di circa -61.000 unità nel 2024, sottolineando la necessità di politiche che incentivino il ritorno e il mantenimento dei giovani talenti. L’effetto di questa emorragia di cervelli si ripercuote non solo sul sistema economico, ma anche sulla capacità di innovazione, sulla sostenibilità futura e sulla vitalità delle comunità locali, creando un circolo vizioso di decadenza e perdita di competitività a livello nazionale.

Destinazioni e preferenze territoriali

Le destinazioni scelte dai giovani italiani all’estero riflettono non solo le preferenze individuali ma anche le dinamiche economiche e sociali delle diverse regioni di provenienza. Oltre alle mete più popolari come il Regno Unito, la Germania, la Svizzera e la Francia, altri Paesi stanno emergendo come destinazioni alternative o complementari, come i paesi nordici per opportunità di innovazione e qualità della vita, e alcuni stati dell’Europa dell’Est, che offrono incentivi fiscali e sistemi di istruzione competitivi. La ripartizione geografica delle partenze rivela inoltre come le aree del Nord e del Sud dell’Italia abbiano motivazioni e preferenze diverse: i giovani del Nord, specialmente in Trentino-Alto Adige e Bolzano, tendono a dirigersi più verso Austria, Germania e paesi europei vicini, spesso attratti da connessioni linguistiche, culturali e opportunità di lavoro nelle economie forti di queste nazioni. Al contrario, nelle regioni meridionali si riscontra una maggiore propensione verso il Regno Unito e la Germania, che offrono opportunità di formazione superiore e occupazione più accessibili, incentivando così la spinta migratoria. Questi dati evidenziano come le scelte di destinazione siano influenzate anche dalle reti di contatti familiari e sociali già presenti all’estero, nonché dalla presenza di comunità consolidatesi nel tempo. Tuttavia, la costante fuga di talenti rappresenta una perdita significativa per il capitale umano nazionale, contribuendo alla più ampia problematica della cosiddetta “fuga di cervelli” e al conseguente impatto sullo sviluppo economico e sociale del paese.

Impatto sul capitale umano e sull’economia italiana

Questa emorragia di giovani altamente qualificati ha conseguenze profonde sul tessuto economico e sociale del paese. La perdita di capitale umano si traduce non solo in una diminuzione della forza lavoro qualificata, ma anche in una riduzione delle capacità di innovazione, ricerca e sviluppo, che sono fondamentali per la competitività internazionale dell’Italia. Le aziende italiane, specialmente quelle nell’alta tecnologia, nelle scienze e nelle professioni qualificate, si trovano a dover affrontare la carenza di competenze specializzate, ostacolando la crescita e la modernizzazione dei settori chiave dell’economia. Inoltre, questa fuga di giovani impedisce il mantenimento di un tessuto imprenditoriale dinamico e innovativo, contribuendo a un circolo vizioso di stagnazione e perdita di attrattività del Paese per i talenti stranieri. Dal punto di vista sociale, il fenomeno comporta uno squilibrio demografico, con un invecchiamento della popolazione e una diminuzione del potenziale di consumo, aspetto che può aggravare ulteriormente le sfide legate alla sostenibilità dei sistemi di welfare e alla stabilità economica nel lungo periodo. In sostanza, la migrazione di giovani qualificati rappresenta una delle sfide più incisive per il futuro dell’Italia, che necessita di strategie efficaci per trattenere e attrarre nuovi talenti, al fine di sostenere un sviluppo sostenibile e competitivo.

Formazione e livello di istruzione dei giovani emigranti

Formazione e livello di istruzione dei giovani emigranti

Nel quadriennio 2022-2024, oltre il 42% dei giovani emigranti possiede una laurea, con le regioni del Nord come Trentino-Alto Adige e Lombardia in testa. Le regioni con i maggiori laureati tra gli emigranti sono Trentino-Alto Adige (50,7%) e Lombardia (50,2%). Al contrario, in Sicilia e Calabria la quota si ferma rispettivamente al 26,5% e 27,2%. Le donne costituiscono il 48,1% di questa mobilità, con una presenza più consistente nel Nord-Est.

La quota di giovani altamente istruiti tra gli emigranti rappresenta un elemento chiave nel contesto della fuga di cervelli. Secondo i dati del CNEL, questa emigrazione di giovani con alto livello di formazione contribuisce alla perdita di capitale umano, stimata in circa 160 miliardi di euro nell’arco di tredici anni. Questa situazione evidenzia le sfide di un sistema di istruzione che, pur formando giovani qualificati, spesso non riesce a trattenere le proprie risorse umane, favorendo il trasferimento all’estero alla ricerca di opportunità lavorative più soddisfacenti. La distribuzione geografica delle lauree tra gli emigranti riflette inoltre le disparità regionali nel livello di istruzione e nelle opportunità professionali, accentuando il divario tra Nord e Sud del Paese. La presenza quasi bilanciata tra uomini e donne tra i giovani emigranti sottolinea come questa dinamica interessi entrambi i sessi, ma con una leggera prevalenza maschile tra i laureati. Questi dati indicano la necessità di politiche che favoriscano la valorizzazione della formazione e il rafforzamento delle opportunità di lavoro sul territorio nazionale, per trattenere il capitale umano e contrastare la perdita di competenze essenziali per lo sviluppo economico e sociale del Paese.

Conclusioni

Questi dati confermano come la fuga di giovani qualificati rappresenti una perdita significativa per il futuro socio-economico italiano. La sfida consiste nel creare condizioni favorevoli per trattenere i talenti e incentivare il ritorno di coloro che emigrazion ‫per motivi di crescita professionale.

Destinatari: Politici, educatori, giovani, istituzioni pubbliche
Modalità: Analisi di dati e strategie di intervento
Link: Approfondisci il rapporto CNEL 2025

FAQs
Giovani italiani in fuga all’estero: numeri e impatti dal rapporto CNEL 2025

Quanti giovani italiani hanno lasciato l’Italia tra il 2011 e il 2024 secondo il rapporto CNEL 2025? +

Circa 630.000 giovani under 35 hanno lasciato l’Italia tra il 2011 e il 2024, secondo il rapporto CNEL 2025.

Qual è la stima della perdita di capitale umano causata dall’emigrazione giovanile? +

La perdita stimata di capitale umano è di circa 160 miliardi di euro in tredici anni.

Quali sono le destinazioni principali dei giovani emigranti italiani? +

Le destinazioni principali sono Regno Unito, Germania e Svizzera, con anche altri paesi europei come Francia e paesi nordici.

Qual è il livello di istruzione dei giovani emigranti italiani? +

Oltre il 42% dei giovani emigranti possiede una laurea, con le regioni del Nord come Trentino-Alto Adige e Lombardia in testa.

Qual è la distribuzione regionale della fuga di giovani e le motivazioni principali? +

La fuga è più concentrata nel Nord (49%) e nel Mezzogiorno (35%), motivata principalmente dalla mancanza di opportunità lavorative e di studio.

Qual è l’impatto economico e sociale della fuga di giovani qualificati? +

L’emorragia riduce la forza lavoro qualificata, limita l'innovazione e crea squilibri demografici, compromettendo la crescita futura del Paese.

Come si differenziano le destinazioni dei giovani italiani tra Nord e Sud? +

Al Nord, i giovani tendono a spostarsi in Austria e Germania, mentre al Sud preferiscono Regno Unito e Germania per opportunità di formazione e lavoro.

Quali sono le sfide principali legate alla fuga di cervelli in Italia? +

Le principali sfide sono la perdita di competenze, stagnazione economica e un invecchiamento della popolazione, che ostacolano lo sviluppo sostenibile.

Quali politiche potrebbero contrastare la fuga di giovani e talenti? +

Politiche di incentivazione al ritorno, miglioramento delle opportunità di lavoro e investimenti in formazione sono tra le strategie più efficaci.

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