Paolo Crepet e la metafora del banco dei pegni nell’era digitale
Lo psichiatra Paolo Crepet, noto per le sue riflessioni sulla salute mentale e la società contemporanea, ha recentemente lanciato un forte allarme sulla relazione tra i giovani e l’utilizzo massiccio dell’intelligenza artificiale. Con l’immagine del “banco dei pegni”, Crepet ha paragonato l’IA a uno scambio di gioielli preziosi (la nostra capacità di pensare e riflettere) con denaro immediato, ovvero soluzioni rapide e senza sforzo.
Secondo l’esperto, questa dinamica, se da un lato può sembrare un modo per affrontare le difficoltà sociali ed economiche, dall’altro rischia di compromettere il patrimonio cognitivo e identitario dei giovani, consegnando a tecnologie esterne il controllo sulla loro stessa autonomia mentale.
Il legame tra società, possesso materiale e il valore del pensiero critico
Crepet ha sottolineato come la società moderna tenda a misurare il successo e la qualità di vita in funzione di beni materiali, trascurando la parte più profonda: il pensiero. Egli ricorda che il pensiero non è un dono innato, ma si costruisce e si difende ogni giorno, attraverso sforzo, curiosità e confronto.
Gli effetti del progresso rapido e il declino del QI
Il riferimento è ai cambiamenti sociali e tecnici accelerati e alla perdita progressiva di capacità intellettiva, numericamente attestata da dati storici di calo del QI. In effetti, studi scientifici rivelano che il quoziente intellettivo nei giovani ha registrato un calo di circa sei punti negli ultimi 25 anni in Italia, un fenomeno chiamato "Effetto Flynn inverso".
Un esempio emblematico proviene da uno studio norvegese del 2018 che ha analizzato circa 730.000 test di intelligenza. I dati indicano un aumento del QI tra le generazioni nate tra il 1962 e il 1975, seguito da un’evidente regressione tra il 1975 e il 1991, associata principalmente alle condizioni ambientali e alla qualità dell’istruzione.
Il ruolo della lettura e le mutate abitudini educative
Attualmente, solo il 35% dei ragazzi tra 11 e 19 anni legge almeno un libro all’anno, esclusi quelli scolastici. Alla fine degli anni ’80, questa percentuale superava il 60%. La drastica diminuzione della lettura influenza negativamente le capacità critiche e di adattamento, fondamentali per una crescita equilibrata.
L’uso eccessivo di chatbot e l’impatto sulla cognizione
Uno dei principali fattori di rischio evidenziati da Crepet riguarda la dipendenza dei giovani dall’intelligenza artificiale, in particolare dai chatbot. Ricercatori dell’Università di Stanford hanno identificato come un uso incontrollato di queste tecnologie possa favorire la pigrizia cognitiva e ridurre le capacità di pensiero critico. In casi estremi, si sono verificati stati di ansia e crisi di astinenza quando l’accesso ai servizi di IA veniva interrotto.
Potenzialità e limiti dell’intelligenza artificiale secondo Crepet
Crepet riconosce che l’IA rappresenta una risorsa straordinaria, capace di autogenerare contenuti attraverso l’elaborazione di dati. Tuttavia, specifica che questa tecnologia non può inventare nulla senza il contributo e la creatività di un cervello umano. Perciò, invita a tornare a fare le cose con gioia, ristabilendo il valore della fatica intellettuale e del pensiero critico.
Recuperare autonomia e pensiero critico: la sfida futura
Secondo Crepet, è fondamentale ricostruire l’autonomia mentale dei giovani, evitando che siano succubi di un’omologazione culturale e tecnologica imposta dall’intelligenza artificiale. Solo attraverso l’impegno personale, il confronto diretto con la realtà e il valore della fatica intellettuale, è possibile contrastare il rischio di un futuro dominato dalla passività e dalla riduzione delle capacità cognitive.
Domande Frequenti sull’Impatto dell’Intelligenza Artificiale sui Giovani
Crepet utilizza la metafora del banco dei pegni per descrivere come l’intelligenza artificiale sposti il valore del pensiero critico e delle capacità cognitive dai giovani alle tecnologie, sacrificando il patrimonio mentale in cambio di soluzioni rapide e immediate, spesso senza sforzo.
L’uso incontrollato di chatbot può favorire la pigrizia cognitiva e ridurre le capacità di pensiero critico, portando a una dipendenza digitale che rischia di compromettere l’autonomia mentale dei giovani, rendendoli più isolati e meno capaci di riflettere autonomamente.
Il calo del QI, attestato da studi internazionali come l’effetto Flynn inverso, suggerisce una diminuzione delle capacità cognitive complessive, influenzate da cambiamenti ambientali, educativi e dall’utilizzo massiccio di tecnologie digitali che riducono la stimolazione mentale.
Con una percentuale di giovani che legge meno di un libro all’anno, si sono ridotte le occasioni di allenare il pensiero critico, la capacità di analisi e la fantasia, elementi fondamentali per lo sviluppo cognitivo equilibrato e per un’identità autonoma.
L’utilizzo eccessivo di strumenti di intelligenza artificiale, come chatbot, può ridurre la necessità di pensare attivamente e creare soluzioni autonome, portando a una diminuzione della capacità di innovare e di sviluppare un pensiero critico indipendente.
Crepet sottolinea che tornare a fare le cose con gioia e impegnarsi nella fatica intellettuale sono fondamentali per costruire e mantenere un pensiero critico solido, contrastando la tendenza alla superficialità fomentata dalle soluzioni immediate offerte dall’IA.
Crepet mette in evidenza che i chatbot e altri strumenti di intelligenza artificiale che forniscono risposte immediate senza stimolare il pensiero critico sono tra le tecnologie più rischiose, perché possono indebolire la capacità dei giovani di analizzare e riflettere autonomamente.
Per recuperare l’autonomia mentale, è essenziale promuovere l’impegno personale, l’educazione alla lettura, il confronto dal vivo e la valorizzazione della fatica intellettuale, tornando a insegnare il valore di pensare con calma e riflessività.
L’educazione deve valorizzare le attività che stimolano il pensiero critico, come la lettura e il dibattito, e limitare l’uso passivo di tecnologie digitali, affinché i giovani sviluppino una mente più autonoma e resistente ai rischi dell’omologazione digitale.