Chi: giovani tra 22 e 25 anni, professionisti e studenti; cosa: studio sull’impatto dell’AI sull’occupazione; quando: circa dal 2022 al 2025; dove: principalmente negli Stati Uniti; perché: comprendere le implicazioni delle tecnologie emergenti sul mercato del lavoro giovane e formativo.
Introduzione allo studio sull’effetto AI sull’occupazione
Uno studio condotto nel 2025 analizza gli effetti dell'intelligenza artificiale sull’occupazione, utilizzando dati dettagliati e aggiornati provenienti dal settore payroll statunitense. La ricerca, intitolata "Canaries in the Coal Mine? Six Facts about the Recent Employment Effects of Artificial Intelligence", ha coinvolto milioni di buste paga, permettendo di valutare con elevata precisione le dinamiche occupazionali nelle professioni più esposte all’AI generativa. I risultati mostrano come l’innovazione tecnologica abbia già inciso significativamente sui livelli occupazionali, in modo particolare tra i giovani adulti.
- Studio realizzato nel 2025 sui mercati USA
- Esamina i cambiamenti occupazionali legati all’AI
- Utilizza dati amministrativi aggiornati
- Focus sulla fascia d’età 22-25 anni
- Svela effetti differenziati tra ruoli automatizzabili e supportivi
Perché i giovani tra 22 e 25 anni sono più vulnerabili all’AI
Il principale focus dell’analisi riguarda la vulnerabilità dei giovani tra i 22 e 25 anni. In questa fascia di età, tra il 2022 e il 2025, si registra una diminuzione occupazionale del 13% nei settori più soggetti alla pressione dell’intelligenza artificiale. Questo calo non riguarda altri gruppi di età, né settori meno esposti all’innovazione. La ragione risiede probabilmente nelle competenze formalizzate possedute da questa coorte, più facilmente sostituibili dai sistemi di AI generativa, rispetto alle competenze tacite più proprie di lavoratori più anziani.
La vulnerabilità delle competenze formalizzate
Le competenze adottate dai giovani, spesso acquisite con percorsi di studio, risultano facilmente riproducibili dall’AI. La ricerca evidenzia che le tecnologie generative riproducono knowledge codificati, mettendo in discussione la stabilità lavorativa di chi possiede queste conoscenze, spesso giovani neo-diplomati o neo-laureati. Invece, le competenze più tacite — basate su intuizioni, prassi pratiche e esperienza sul campo — sono meno suscettibili alla sostituzione automatica, offrendo una certa resistenza al fenomeno.
Ruoli automatizzabili o supportati: differenze nell’incidenza
Uno degli aspetti chiave delle analisi riguarda il modo in cui l’AI viene impiegata sul mercato del lavoro. La distinzione fondamentale non è tra settori tecnologici e non, ma tra ruoli soggetti ad automatizzazione e quelli che sono sostenuti dall’intelligenza artificiale (augmentation). Quando l’AI automatizza i compiti, si verifica una perdita di occupazione tra i giovani; invece, nei ruoli in cui l’AI funge da supporto, i livelli occupazionali tendono a mantenersi stabili o ad aumentare.
Impiego e trasformazioni professionali
Per esempio, nel customer service o nello sviluppo software, le funzioni automatizzate dall’AI hanno portato a un calo delle assunzioni giovanili. Invece, settori come la gestione clienti, assistenza e analisi supportate dall’AI hanno evidenziato una stabilizzazione o crescita occupazionale per questa fascia di età.
Impatto selettivo: non una crisi generale
Nel complesso, anche se l’occupazione totale negli Stati Uniti mostra segni di crescita, l’analisi disaggregata rivela un effetto selettivo dell’AI. Tra fine 2022 e metà 2025, si osserva una riduzione del 6% delle assunzioni per i giovani tra 22 e 25 anni in settori ad alta esposizione, mentre i lavoratori tra 35 e 49 anni in uguali settori vedono un andamento positivo, tra il 6% e il 9% di incremento. Significa che l’impatto tecnologico colpisce più duramente i giovani con competenze formalizzate e meno avanza tra le fasce di età più mature con competenze pratiche e tacite.
Effetti sui salari e retribuzioni
Per quanto concerne i salari, al netto dell’inflazione, i dati indicano che non ci sono variazioni sostanziali tra i lavoratori esposti o meno all’AI. Questa stabilità potrebbe derivare dalla rigidità del mercato del lavoro, che privilegia i licenziamenti rispetto ai tagli salariali, mantenendo i salari di base relativamente invariati.
Il ruolo delle competenze e dell’esperienza
Secondo i ricercatori, le competenze più facilmente sostituibili dall’AI sono quelle codificate e formalizzate, più comuni tra i giovani in fase di formazione o appena inseriti nel mercato. Le competenze tacite, basate su intuizioni e pratiche consolidate, tipiche di lavoratori con più anni di esperienza, risultano meno vulnerabili alla tecnologia.
Come le competenze influenzano l’effetto AI
Le tecnologie generative, più efficaci nel riprodurre conoscenze formalizzate, enfatizzano la fragilità delle competenze acquisite sui percorsi formativi. La differenza tra giovani e lavoratori più anziani si sposta così nell’ambito delle conoscenze.
Non solo laurea: l’esperienza conta
Lo studio evidenzia che l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’occupazione va oltre la semplice questione dei titoli di studio. In particolare, la fascia d’età 22-25 anni risulta essere la più colpita, indicando che anche i giovani con formazione universitaria sono vulnerabili ai processi di automazione. Questa vulnerabilità non riguarda solo coloro che hanno conseguito una laurea, ma coinvolge anche lavoratori con esperienza pluriennale e competenze pratiche, i quali spesso si ritrovano a dover aggiornare continuamente le proprie capacità per restare competitivi nel mercato del lavoro. La rapidità con cui le tecnologie e l’intelligenza artificiale evolvono richiede dunque un approccio più ampio rispetto alla sola formazione accademica, privilegiando lo sviluppo di competenze digitali e trasversali. La tecnologia, infatti, non eliminerà automaticamente tutte le occupazioni, ma cambierà in modo sostanziale le modalità di lavoro e le competenze richieste. Per affrontare questa sfida, è essenziale investire in programmi di riqualificazione e formazione continua, capaci di preparare i lavoratori alle nuove esigenze di un mercato in rapida trasformazione.
Competenze pratiche e formazione sul campo
Competenze pratiche e formazione sul campo
Le competenze tacite, meno formalizzate, sviluppate con l’esperienza sul campo, risultano meno suscettibili alla sostituzione e rappresentano un elemento chiave di resistenza all’automazione.
In un contesto di rapido avanzamento dell’intelligenza artificiale, la formazione pratica si rivela fondamentale per mantenere alta la competitività dei lavoratori. L’esperienza diretta permette di sviluppare capacità di problem solving, adattabilità e intuizione, aspetti difficili da automatizzare completamente. Lo studio recente evidenzia come l’incidenza dell’intelligenza artificiale sull’occupazione abbia colpito in modo particolare la fascia d’età tra 22 e 25 anni, dimostrando che la questione non riguarda solo il livello di istruzione universitaria. Più che il titolo di studio, sono le competenze pratiche acquisite con l’esperienza che fanno la differenza nel mercato del lavoro attuale, contribuendo a creare professionisti più resilienti alle trasformazioni tecnologiche. Pertanto, investire nella formazione sul campo e nello sviluppo di competenze tacite è essenziale per affrontare con successo il futuro del lavoro.
Il valore delle competenze non formalizzate
Il valore delle competenze non formalizzate assume un ruolo crescente nel contesto lavorativo, specialmente in un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale. Queste competenze, spesso trasversali e difficili da codificare, rappresentano un elemento distintivo e un vantaggio competitivo per i giovani tra i 22 e i 25 anni, poiché risultano meno suscettibili alle automazioni e all’erosione di posti di lavoro causata dall’AI. Lo studio evidenzia come, se da un lato le competenze formalizzate, come le lauree e le certificazioni ufficiali, siano state più colpite dalla trasformazione digitale, dall’altro le conoscenze tacite, sviluppate attraverso l’esperienza e il contatto diretto con il lavoro, risultano fondamentali per mantenere occupabilità e crescita professionale. Pertanto, investire nello sviluppo di abilità non formalizzate, come la capacità di risolvere problemi complessi, la comunicazione efficace e il lavoro di squadra, si configura come una strategia essenziale per i giovani che desiderano adattarsi alle trasformazioni dell’occupazione in un mondo sempre più automatizzato.
FAQs
Intelligenza artificiale e occupazione giovanile: analisi e prospettive
Lo studio evidenzia una diminuzione del 13% nell’occupazione di questa fascia tra il 2022 e il 2025, principalmente nei settori più esposti all’AI, con impatti più forti su competenze formalizzate.
Non necessariamente; anche i laureati tra 22 e 25 anni sono vulnerabili, poiché l’AI colpisce soprattutto le competenze formalizzate spesso acquisite con l’istruzione universitaria.
I ruoli automatizzabili prevedono sostituzioni complete di compiti, portando a cali occupazionali; quelli supportati dall’AI, invece, migliorano l’efficienza e possono mantenere o aumentare le opportunità di lavoro.
Le competenze tacite, basate su esperienza, intuizioni e prassi pratiche, sono meno facilmente riproducibili dall’AI, offrendo maggiore resistenza alla sostituzione automatica.
No, lo studio mostra un effetto selettivo: diminuzioni del 6% nelle assunzioni giovanili ad alta esposizione, mentre i lavoratori più anziani tra 35 e 49 anni registrano un aumento del 6-9%.
I dati indicano che, al netto dell’inflazione, non ci sono variazioni significative nei salari tra lavoratori esposti o meno all’AI, probabilmente per la rigidità del mercato del lavoro.
Le competenze tacite sviluppate con l’esperienza sul campo sono meno soggette all’automazione, rendendo i lavoratori più resilienti alle trasformazioni legate all’AI.
Le competenze non formalizzate, come problem solving e comunicazione, sono meno suscettibili all’automazione e rappresentano un vantaggio competitivo per i giovani, aiutandoli ad adattarsi alle trasformazioni tecnologiche.